giovedì 11 giugno 2015

Eccidio della Buonaria: dopo 71 anni la Chiusa ancora ricorda

A settantun anni dall’eccidio della Buonaria, la comunità di Chiusa di San Michele ha voluto ancora ricordare gli 11 ragazzi uccisi nel suo territorio. Erano parte di un gruppo di 40 partigiani che, il 26 maggio 1944, vennero prelevati dalle carceri e fucilati come rappresaglia dai nazifascisti sulle montagne di Giaveno, Coazze e Chiusa di San Michele. Gli 11 caduti della Buonaria ebbero però una sorte migliore rispetto agli altri. Infatti, grazie ad alcuni chiusini generosi che contravvennero agli ordini di seppellire le salme in fosse comuni, esse vennero fotografate e poste ognuna in una bara, in modo da permettere ai parenti di recuperarle a guerra conclusa.
Da sinistra, il sindaco, il presidente dell'ANPI e Maria Riva
Anche quest’anno, sabato 23 maggio, rappresentanti di ANPI, associazioni, autorità locali e abitanti si sono riuniti in zona Buonaria, sopra frazione Basinatto. Dopo la messa in suffragio dei caduti, celebrata da don Romeo Zuppa presso la cappella della borgata, gli intervenuti si sono recati al monumento.
Lì, dopo il presidente dell’ANPI di Chiusa di San Michele, Ferruccio Sbodio, è intervenuto il preside di un liceo artistico di Torino intitolato proprio ad una delle vittime: Renato Cottini. «Lui aveva poco più di vent’anni quando venne ucciso – ha ricordato il dirigente scolastico – ma i suoi occhi erano gli stessi occhi dei ragazzi che vedo tutti i giorni: occhi pieni di speranza e voglia di costruire un domani migliore. L'impegno della scuola è la formazione di un pensiero libero». Gli studenti sono da sempre legati a questa commemorazione. Non solo i ragazzi del liceo Cottini, ma anche quelli della scuola di Coazze, davanti alla quale venne assassinata un’altra parte del gruppo dei 40 partigiani.
Presente come sempre alla Buonaria anche Maria Riva, testimone dei tragici avvenimenti, che ha ricordato: «a quei 40 avevano detto che sarebbero andati a lavorare in Germania. Pensate però ai loro occhi quando scesero dal camion. Non avrebbero mai pensato di fare quella terribile fine. Come possono i giovani, vivendo la loro vita spensierata, immaginare gli orrori della guerra. Solo chi l'ha vissuta può capire quanto siano stati terribili quegli istanti».
Parole pronunciate con commozione alle quali si è unito anche il sindaco, Fabrizio Borgesa, che ha affermato: «Questa tragedia ha però avuto un risvolto positivo, perché l'intera comunità si è stretta attorno alle vittime, recuperando i corpi, dandogli sepoltura e non facendogli mai mancare un fiore.  È importante educare i giovani a reagire all'indifferenza e al qualunquismo. Dobbiamo opporci al disagio della politica e riscoprire con i giovani la capacità di pagare in prima persona per ciò in cui ci crede. Il sacrificio di questi ragazzi è come il seme di un albero che si chiama democrazia, ma questo albero ha bisogno di essere curato.  E la cura di questo albero spetta a tutti noi».

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