A settantun anni dall’eccidio
della Buonaria, la comunità di Chiusa di San Michele ha voluto ancora ricordare
gli 11 ragazzi uccisi nel suo territorio. Erano parte di un gruppo di 40
partigiani che, il 26 maggio 1944, vennero prelevati dalle carceri e fucilati
come rappresaglia dai nazifascisti sulle montagne di Giaveno, Coazze e Chiusa
di San Michele. Gli 11 caduti della Buonaria ebbero però una sorte migliore
rispetto agli altri. Infatti, grazie ad alcuni chiusini generosi che contravvennero
agli ordini di seppellire le salme in fosse comuni, esse vennero fotografate e
poste ognuna in una bara, in modo da permettere ai parenti di recuperarle a
guerra conclusa.
Da sinistra, il sindaco, il presidente dell'ANPI e Maria Riva |
Anche quest’anno, sabato 23
maggio, rappresentanti di ANPI, associazioni, autorità locali e abitanti si
sono riuniti in zona Buonaria, sopra frazione Basinatto. Dopo la messa in
suffragio dei caduti, celebrata da don Romeo Zuppa presso la cappella della
borgata, gli intervenuti si sono recati al monumento.
Lì, dopo il presidente dell’ANPI
di Chiusa di San Michele, Ferruccio Sbodio, è intervenuto il preside di un
liceo artistico di Torino intitolato proprio ad una delle vittime: Renato
Cottini. «Lui
aveva poco più di vent’anni quando venne ucciso – ha ricordato il dirigente
scolastico – ma i suoi occhi erano gli stessi occhi dei ragazzi che vedo tutti
i giorni: occhi pieni di speranza e voglia di costruire un domani migliore.
L'impegno della scuola è la formazione di un pensiero libero».
Gli studenti sono da sempre legati a questa commemorazione. Non solo i ragazzi
del liceo Cottini, ma anche quelli della scuola di Coazze, davanti alla quale
venne assassinata un’altra parte del gruppo dei 40 partigiani.
Presente come sempre alla
Buonaria anche Maria Riva, testimone dei tragici avvenimenti, che ha ricordato:
«a
quei 40 avevano detto che sarebbero andati a lavorare in Germania. Pensate però
ai loro occhi quando scesero dal camion. Non avrebbero mai pensato di fare
quella terribile fine. Come possono i giovani, vivendo la loro vita spensierata,
immaginare gli orrori della guerra. Solo chi l'ha vissuta può capire quanto siano
stati terribili quegli istanti».
Parole pronunciate con commozione
alle quali si è unito anche il sindaco, Fabrizio Borgesa, che ha affermato: «Questa
tragedia ha però avuto un risvolto positivo, perché l'intera comunità si è stretta
attorno alle vittime, recuperando i corpi, dandogli sepoltura e non facendogli
mai mancare un fiore. È importante
educare i giovani a reagire all'indifferenza e al qualunquismo. Dobbiamo opporci
al disagio della politica e riscoprire con i giovani la capacità di pagare in
prima persona per ciò in cui ci crede. Il sacrificio di questi ragazzi è come
il seme di un albero che si chiama democrazia, ma questo albero ha bisogno di
essere curato. E la cura di questo
albero spetta a tutti noi».
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